Simeone Silvio1, Guillari Assunta1, Perrone Marco1, Pucciarelli Gianluca2, Dell’Angelo Grazia1, Gargiulo Gianpaolo1, Comentale Giuseppe3, Palma Gaetano4, Rea Teresa1

1) Infermiere AOU Policlinico Federico II

2) Assegnista di ricerca in Scienze Infermieristiche Università Tor Vergata, Roma

3) Medico in formazione, cardiochirurgia, AOU Policlinico Federico II

4) Ricercatore cardiochirurgia AOU Policlinico Federico II

DOI: 10.32549/OPI-NSC-13

 

Abstract

Introduzione: I difetti cardiaci sono molto comuni nell’età pediatrica; spesso i genitori scoprono, dopo la nascita, queste patologie ed apprendono che l’intervento di cardiochirurgia è l’unica soluzione. Il ricovero del proprio bambino in una Terapia Intensiva comporta elevati livelli di stress, ansia, depressione. Gli infermieri assumono un ruolo attivo nell’assistenza del piccolo degente ma anche nella presa in carico dell’intero nucleo familiare.

Obiettivo: scopo dello studio è stato descrivere l’esperienza dei genitori dei bambini ricoverati in una unità di Terapia Intensiva cardiochirurgica.

Metodo: disegno ermeneutico fenomenologico secondo Cohen.

Risultati: dall’analisi di 16 interviste sono emersi 3 temi principali: la paura per la possibile perdita del proprio bambino; la sensazione di aver perso il ruolo di genitore e la bisogno di ricevere maggiori informazioni per poter essere parte attiva nel processo di cure.

Conclusioni: Il ricovero di un bambino in una Terapia Intensiva e, nello specifico, di cardiochirurgia, impone al personale assistenziale la presa in carico dell’intero nucleo familiare. Gli Infermieri sono i primi professionisti dai quali i genitori si attendono tale coinvolgimento. Questo studio offre uno sguardo sull’esperienza vissuta dai genitori che hanno il proprio figlio ricoverato in una Terapia Intensiva di cardiochirurgia; inoltre può rappresentare lo spunto per ulteriori ricerche finalizzate alla olistica armonizzazione tra la diade (famiglia e bambino) spesso ingiustamente scisse durante il ricovero in Terapia Intensiva.

 

Keyword: CHD, family, heart defects, infants, experience, cardiac surgery

 

Phenomenological study on the experiences of parents of children hospitalised in a Cardiac Surgery Intensive Care unit: understanding in order to help.

 

Abstract

Introduction: heart defects are very common in the paediatric age group; parents often discover these pathologies after birth and learn that heart surgery is the only solution. The hospitalisation of your child in an intensive care system involves high levels of stress, anxiety, depression. Nurses take an active role in assisting the young patient but also in taking care of the entire family unit.

Objective: the aim of the study was to describe the experience of the parents of children admitted to a cardiac surgery unit.

Method: phenomenological hermeneutic plan according to Cohen.

Results: from the analysis of 16 interviews 3 main themes emerged: fear for the possible loss of one’s child; the feeling of having lost the role of parent and the need to receive more information in order to be an active part in the treatment process.

Conclusions: The hospitalisation of a child in an Intensive Care unit and, specifically, a cardiac surgery intensive care unit, requires care staff to take charge of the entire family unit. Nurses are the first professionals from whom parents expect this involvement. This study offers a glimpse into the experience of parents who have their child admitted to an intensive cardiac surgery; furthermore, it can be the starting point for further research aimed at the holistic harmonisation between the dyad (family and child) often unjustly split during intensive care hospitalisation.

 

Keyword: CHD, family, heart defects, infants, experience, cardiac surgery

 

Introduzione

I difetti cardiaci congeniti (congenital heart defect or disease-CHD) sono piuttosto comuni nella popolazione pediatrica1. Nonostante i progressi della diagnostica neonatale però molti genitori apprendono la patologia del loro figlio dopo la nascita e, con essa, la consapevolezza che spesso l’intervento cardiochirurgico sia l’unico trattamento possibile. Successivamente all’intervento il percorso del piccolo paziente solitamente prevede la degenza in Terapia Intensiva di Cardiochirurgia (TI cardiochirurgica), seguito dalla degenza in un reparto specialistico e poi la dimissione. Il ricovero di un proprio caro in una TI evoca sentimenti di incertezza all’interno del nucleo familiare 2-5. Quando il ricoverato è un bambino, è di vitale importanza assistere anche la famiglia del piccolo degente6; questo è forse uno dei compiti più gravosi del personale infermieristico operante nelle TI7 . Dalla letteratura internazionale emerge che quando il ricoverato è un bambino, il proprio figlio, i genitori sperimentano sentimenti di stress, ansia, depressione, separazione, disperazione, perdita di controllo8,9. Il continuo miglioramento delle cure erogate in cardiochirurgia, con il conseguente aumento dei tassi di sopravvivenza dei piccoli pazienti, sta portando sempre più interesse verso i risvolti psicologici dei genitori di bambini sottoposti ad interventi di cardiochirurgia; sia da un punto di vista di ricerca quantitativa10,11 sia per ciò che concerne la ricerca qualitativa1,12,13.

I comuni servizi ospedalieri resi ai genitori dei piccoli degenti, quali ad esempio fornire un pasto, un servizio di lavanderia, un posto letto sono molto apprezzati dai genitori, ma non sembrano essere essenziali nell’esperienza vissuta9. Da un punto di vista qualitativo, varie fasi, dalla diagnosi alla dimissione, ed oltre, sono state indagate14-16, ma il vissuto esperienziale all’interno della specifica TI di cardiochirurgia sembra aver raccolto poca attenzione sino ad oggi 1.

 

Scopo

Lo scopo di questo studio è descrivere l’esperienza dei genitori durante il ricovero del loro figlio in TI di cardiochirurgia, al fine di individuare le aree di intervento per migliorare l’assistenza olistica erogata.

 

Materiali e metodi

Per questo studio è stata utilizzata una metodologia fenomenologica17. Questo metodo combina caratteristiche descrittive (husserliana) e la fenomenologia interpretativa (gadameriana). E’ stato utilizzato un campionamento di tipo propositivo. I criteri di inclusione sono stati: essere maggiorenni per la legge italiana; essere i genitori di un bambino ricoverato nei precedenti 12 mesi nell’ dell’U.O. Terapia Intensiva Post Operatoria di Cardiochirurgia; sopravvivenza attuale del bambino; parlare la lingua italiana.  Il “bracketing” da parte di tutti i ricercatori è stato il primo passo. In accordo con il metodo fenomenologico di Cohen17, questa tecnica di “riflessione critica” consiste nel mettere “tra parentesi” le proprie idee sul fenomeno in studio, i propri preconcetti. In questo modo si riduce la possibilità di influenzare la corretta estrapolazione dei temi. Dopo aver firmato il consenso informato i soggetti sono stati intervistati con una domanda aperta; questo per dare ai partecipanti piena libertà di espressione18. Al soggetto partecipante allo studio è stato chiesto di descrivere la propria esperienza quando il proprio figlio/a era ricoverato/a in TI di cardiochirurgia. L’intervistatore ha avuto un atteggiamento di accoglienza19-21 durante l’intervista al fine di agevolare la raccolta delle interviste.

Sul diario del ricercatore l’intervistatore annotava delle fieldnotes riguardanti l’ambiente, l’impostazione del colloquio, il linguaggio del corpo ed eventualmente le proprie riflessioni. Ogni intervista è stata audioregistrata. Tutte le interviste hanno avuto una durata che va dai 20 ai 60 minuti. Al fine di consentire al ricercatore di prendere confidenza con il metodo, l’intervista è stata testata su due partecipanti non inclusi nello studio. Successiva fase è la trascrizione fedele di ogni singola intervista raccolta. Poi i ricercatori si sono “immersi nei dati”, rileggendo accuratamente le interviste e le filenotes. Si è ottenuta la saturazione dei dati, ovvero la ridondanza dei temi18, all’archiviazione della undicesima intervista. È seguita l’estrapolazione dei temi; i singoli ricercatori si sono confrontati sui vari temi estrapolati. Non ci sono state discordanze in questa fase. Chiedendo conferma ai partecipanti dei temi estratti si è garantita la validità finale dei risultati. Questo approccio è stato utilizzato con successo anche in studi precedenti 19-21. È stato richiesto il consenso alla partecipazione allo studio a tutti i partecipanti ed è stato garantito il rispetto del trattamento dei dati ai sensi del D.Lgs 196/2003.

tabella 1 studio fenomenologico

Risultati

Il campione (tabella 1) risulta composto da sedici soggetti, nove di sesso femminile e sette di sesso maschile. L’età media è di 34,8 anni, con un livello di educazione medio. Tutti i soggetti sono genitori di un bambino ricoverato nei precedenti 12 mesi in TI cardiochirurgia; sono tutti sposati o conviventi tra loro eccetto due. In media i piccoli degenti sono stati ricoverati all’interno della TI di cardiochirurgia circa 5,2 giorni (DS 2,97), successivamente sono stati trasferiti nel reparto di degenza dell’U.O.C. di Cardiochirurgia per poi, in seguito, fare ritorno alla propria casa. Dall’analisi delle interviste sono emersi 3 temi principali:

1) la paura per la possibile perdita del proprio bambino;

2) la sensazione di aver perso il ruolo di genitore

3) la voglia di ricevere maggiori informazioni per poter essere parte attiva nel processo di cure.

figura 1 studio fenomenologico figura 2 studio fenomenologico figura 3 studio fenomenologico

Discussioni

Scopo del nostro studio è stato quello di descrivere l’esperienza vissuta dai genitori di bambini cardiopatici, sottoposti ad intervento chirurgico, durante la degenza del bambino in TI. La prima essenza che è emersa con forza è stata quella della “paura per la possibile perdita del proprio bambino”. Tema comune in tutte le interviste, i genitori ricordano bene questa sensazione, presente con maggiore forza e costanza, a loro dire, dall’immediato periodo post operatorio. Questo sentimento è ben descritto in letteratura dove spesso si fonde col senso di colpa per la patologia del bambino 13,22. I partecipanti al nostro studio sembrano invece essere riusciti a scindere questi due sentimenti; in loro è forte e chiaro il ricordo dell’attimo in cui tale sentimento si rafforza in loro. Hanno tutti indicato come l’intervento e l’immediato passaggio nella TI sia il fattore scatenante. Probabilmente, come descritto più avanti, il fatto di non essere presenti col bambino rende maggiormente fragili i genitori. Inoltre è comune associare la degenza in una TI con uno stato di salute gravissimo. Crediamo che anche tale fattore culturale influisca su tale sentimento di paura della morte. Altro tema emerso è “la sensazione di aver perso il ruolo di genitore”. Il fatto di non poter essere costantemente accanto al proprio bambino [nella terapia intensiva cardiochirurgica dove i bambini dei partecipanti sono sati ricoverati vi era un rigido orario di visita, consistente in 30-60 minuti giornalieri, con ingresso fisso alla stessa ora] sembra aver generato questa spersonalizzazione del ruolo genitoriale. Inoltre, le apparecchiature presenti in tali unità di cura non favoriscono certo il contatto umano. I genitori dei bambini sottoposti ad intervento cardiochirurgico sembrano ricordare bene la paura della degenza in TI, causa le apparecchiature. La letteratura internazionale associa proprio a tali apparecchiature una sensazione di terrore12, , inoltre, ci descrive come difficile il contatto con la persona cara mentre la si vede ricoperta di fili, a volte incosciente, collegata a macchinari per mangiare o respirare9. La letteratura suggerisce infatti che occorre un incoraggiamento da parte del personale sanitario verso la famiglia del ricoverato per ricreare in TI tale rapporto, tale contatto23. Ultimo tema emerso è stato è stato “la voglia di ricevere maggiori informazione per poter essere parte attiva nel processo di cure”. I genitori intervistati hanno lamentato le poche informazioni ricevute; molte delle quali, inoltre, ritenute troppo tecniche. Probabilmente in loro, in risposta al tema precedente, è forte la voglia di “recuperare”, di aiutare il proprio bambino. Lamentavano proprio la carenza di queste specifiche informazioni, volevano insomma prendersi loro cura del bimbo, ma non sapevano cosa e come fare. Dalla letteratura emerge tale voglia di essere parte integrante del processo di cura24, ed è stata associata alla riduzione stress ed altri sentimenti “negativi” presenti nei genitori25,26. I nostri partecipanti allo studio hanno compreso come il ricevere informazioni specifiche possa agevolarli a sentirsi meglio. Ad esempio nello studio di Andersson et al.27 in merito alla somministrazione di un analgesico al loro bambino, i genitori descrivono come una buona informazione sia fondamentale per la gestione, la comprensione e la preparazione per un eventuale cambiamento nella situazione del bambino. Il ricevere informazioni chiare aiuta le famiglie nella comprensione e gestione della degenza in TI del proprio bambino28. Dalle interviste non è emerso alcun riferimento esplicito al rapporto tra genitori e operatori sanitari, ma logiche deduzioni indicano un rapporto basato non sulla massima fiducia. Tutto ciò dovuto alle poche informazioni ricevute in maniera spontanea. Il ricevere informazioni, rendere i genitori partecipi del processo di cura, sembra alleviare i sentimenti di stress, e sembra far porre maggiore fiducia nel lavoro degli operatori sanitari 29-31. Alla luce di quanto detto è chiaro come sia fondamentale integrare la famiglia nel processo di cura.  Gli Infermieri sono i primi professionisti dai quali i familiari si aspettano il suddetto coinvolgimento. È suggerito in letteratura30 un’integrazione faccia a faccia tra personale sanitario e genitori, con l’obiettivo di offrire supporto, educazione e partecipazione al processo di cura. Lo studio ha come limite un campionamento di dimensioni ridotte, durante il reclutamento, infatti, sono emerse non poche criticità. I genitori sembrano trarre vantaggio nel raccontare la loro esperienza, ma il ricordare tali momenti evoca la paura di tornare ad essere vulnerabili. Inoltre, non si è tenuto conto della singola complessità assistenziale, ma al fine di ottenere un quadro completo circa tale esperienza, nel campionamento sono stati inclusi tutti i genitori disponibili a partecipare allo studio, indipendentemente dal tipo di intervento cardiochirurgico effettuato sul bambino.

 

Conclusioni

Il ricovero di un bambino in una TI e, nello specifico, in una TI cardiochirurgica impone al personale assistenziale la cura anche del nucleo familiare. L’esperienza raccolta in questo studio può fungere da stimolo per ulteriori ricerche, al fine di favorire il processo di olistica armonizzazione nella diade (famiglia e bambino), spesso ingiustamente scisse durante il ricovero in Terapia Intensiva.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Harvey KA, Kovalesky A, Woods Rk, Loan Experiences of mothers of infants with congenital heart disease before, during, and after complex cardiac surgery. Heart Lung. 2013 Nov-Dec;42(6):399-406;
  2. Eggenberger, S.K.. Being family: the family experience when an adult member is hospitalized with a critical illness. J Clin Nurs. 2007 Sep;16(9):1618-28.
  3. Engström, Å., & Söderberg, S. The experiences of partners of critically ill persons in an intensive care unit. Intensive Crit Care Nurs. 2004 Oct;20(5):299-308;
  4. Johansson I., Fridlund B., Hildingh C. What is supportive when an adult next-of-kin is in critical care? Nurs Crit Care. 2005 Nov-Dec;10(6):289-98.
  5. Keenan A, Joseph L. The needs of family members of severe traumatic brain injured patients during critical and acute care: a qualitative study. Can J Neurosci Nurs. 2010;32(3):25-35
  6. Larsson A, Rubertsson S. Intensivvård [Intensive Care].2012, Stockholm: Liber;
  7. Fegran L, Helseth S. The parent-nurse relationship in the neonatal intensive care unit context – closeness and emotional involvement. Scandinavian Journal of Caring Sciences 2009; 23: 667–673;
  8. Obeidat H, Bond E, Callister L. The parental experience of having an infant in the newborn intensive care unit. Journal of Perinatal Education 2009; 18: 23–2;
  9. Engström , Dicksson , Contreras . The desire of parents to be involved and present. Nurs Crit Care. 2014 Oct 1. doi: 10.1111/nicc.12103;
  10. Landolt MA, Buechel EV, Latal B. Predictors of parental quality of life after child open heart surgery: a 6-month prospective study. J Peds 2011;158:37–;
  11. Fuller S, Nord AS, Gerdes M, Wernovsky G, Jarvik GP, Bernbaum J, et al. Predictors of impaired neurodevelopmental outcomes at one year of age after infant cardiac surgery. Eur J Cardiothorac Surg 2009;36:40–8;
  12. Re J,Dean S, Menahem S. Infant cardiac surgery: mothers tell their story: a therapeutic experience. World J Pediatr Congenit Heart Surg 2013 Jul;4(3):278-85;
  13. Salgado CL, Lamy ZC, Nina RV, de Melo LA, Lamy Filho F, Nina VJ. Pediatric cardiac surgery under the parents sight: a qualitative study. Rev Bras Cir Cardiovasc. 2011 Jan-Mar;26(1):36-42.;
  14. Wray J, Sensky T. Psychological functioning in parents of children undergoing elective cardiac surgery. Cardiol Young 2004;14:131e139;
  15. Heuer L. Parental stressors in a pediatric intensive care unit. Pediatr Nurs 1993;19(2):128e131;
  16. Franck LS, Mcquillan A, Wray J, Grocott MPW, Goldman A. Parent stress levels during children’s hospital recovery after congenital heart surgery. Pediatr Cardiol 2010;31:961e968;
  17. Cohen MZ, Kahn DL, Steever R Hermeneutic Phenomenological Research: A Practical Guide for Nurse Researchers. 2000, Sage Publications (CA);
  18. Polit DF and Beck CT. Essentials of nursing research. 8th ed. 2014, Philadelphia: Lippincott Williams & Wilkins;
  19. Simeone S, Savini S, Cohen MZ, Alvaro R, Vellone E. The experience of stroke survivors three months after being discharged home: A phenomenological investigation. Eur J Cardiovasc Nurs 2014; [Epub ahead of print].;
  20. Vellone E, Piras G, Venturini G, Alvaro R, Cohen MZ. The experience of quality of life for caregivers of people with Alzheimer’s disease living in Sardinia, Italy. J Transcult Nurs 2012; 23(1):46-55;
  21. Vellone E, Piras G, Talucci C, Cohen MZ. Quality of life for caregivers of people with Alzheimer’s disease. J Adv Nurs 2008;61(2):222-31;
  22. Lima A, Santa Rosa D. O sentido de vida do familiar do paciente crítico. Rev Esc Enferm USP. 2008;42(3):547-53;
  23. Engström Å, Söderberg S. Close relatives in intensive care from the perspective of critical care nurses. Journal of Clinical Nursing 2007; 16: 1651–1659;
  24. Engström B, Uusitalo A, Engström Å. Relatives’ involvement in nursing care: a qualitative study describing critical care nurses’ experiences. Intensive and Critical Care Nursing 2011; 27: 1–9;
  25. Trajkovski S, Schmied V, Vickers M, Jackson D. Neonatal nurses’ perspectives of family-centered care: a qualitative study. Journal of Clinical Nursing 2012; 21: 2477–2487;
  26. Mattsson J, Forsner M, Castrén M, Arman M. Caring for children in pediatric intensive care unit: an observation study focusing on nurses’ concerns. Nurse Ethics 2013; 17: 1–11;
  27. Andersson L, Johansson I, Almerud ÖS. Parents’ experiences of their child’s first anaesthetic in day surgery. British Journal of Nursing 2012; 21: 1204–1210;
  28. Knafl KA, Deatrick JA. Family management style and the challenge of moving from conceptualization to measurement. J Pediatr Oncol Nurs 2006;23(1):12-8;
  29. Aldridge M. Decreasing parental stress in the pediatric intensive care unit: one unit’s experience. Critical Care Nurse 2005; 25: 40–50;
  30. Meert K, Eggly S, Pollack M, Anand KJS, Zimmerman J, Carcillo J, Newth C, Dean M, Willson D, Nicholson C. Parents’ perspectives on physician–parent communication near the time of a child’s death in the pediatric intensive care unit. Pediatric Critical Care Medicine 2007; 9: 2–7;
  31. Meert KL, Briller SH, Schim S, Thurston C, Kabel A. Examining the needs of bereaved parents in the pediatric intensive care unit: a qualitative study. Death Studies 2009; 33: 712–740;
  32. Wechsler Doron M, Trenti-Paroli E, Wechsler LD. Supporting parents in the NICU: a new app from the US, ‘MyPreemie’: a tool to provide parents of premature babies with support, empowerment, education, and participation in their infant’s care. Journal of Neonatal Nursing 2013; 19: 303–307.

This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.