La paura nell’anziano: una ricerca intervento basata sull’osservazione partecipe

Giulia Bindi1 and Gabriele Giacomelli*2

  1. Dipartimento di infermieristica ospedaliera, A. O. U. Careggi, Firenze
  2. Dipartimento di infermieristica territoriale, USL Toscana Centro

* Corresponding Author: Gabriele Giacomelli, Assistenza Infermieristica Territoriale USL Toscana Centro & Scuola di Scienze della Salute, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Corso di Laurea in Infermieristica, Università Firenze (Italia). E-mail: gabriele@relazioniesalute.it

 

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ABSTRACT

Introduzione: La fragilità dell’anziano è fisica e psichica e su di entrambe vi è influenza degli eventi stressanti della vita. Le paure che insorgono possono essere determinate da stereotipi che spesso egli tende ad accettare e che lo portano a ritenersi incapace fino ad un lento declino intellettuale. Questa ricerca ha l’obiettivo di approfondire le conoscenze sulle paure dell’anziano ricoverato e sperimentare la “presenza dell’infermiere” come possibile intervento.

Materiali e Metodi: All’interno di un Reparto “Cure Intermedie” è stata svolta una ricerca qualitativa con osservazione partecipante (studio osservazionale descrittivo tipo “serie di casi”). I dati raccolti sono stati analizzati attraverso il metodo l’analisi del contenuto.

Risultati: Dalle osservazioni di 13 pazienti (9 donne e 4 uomini; età media 71 anni), sono emersi principalmente contenuti positivi come “Gioia (47)”, “Attesa (35)” e “Offerta-ricordo (33)”. Il contenuto “Paura (16)” diversamente dalla bibliografia consultata è risultato presente ma non preponderante.

Discussione: Dall’analisi approfondita del materiale pare emergere che gli aspetti negativi comprendenti la “Paura” sono tra loro molto collegati ma il grosso nucleo di sofferenza viene destabilizzato dagli aspetti affettivi (speranza, aspettativa, amore) che arriva ad una prospettiva positiva (gioia, piacere, gratitudine). “Ascolto” e “disponibilità” sono stati i principali interventi attuati durante l’osservazione e coerentemente a quanto descritto in letteratura hanno permesso di registrare un impatto positivo sui pazienti. Un approfondimento è stato dedicato al concetto di “Offrire-dono” inteso come atto di riconoscimento attivo da parte del paziente verso l’operatore, con le sue implicazioni simboliche e psicologiche. Nell’analisi del materiale sono anche stati presi in considerazione aspetti legati alla psicologia positiva e allo “human caring”, come l’importanza e l’effetto del sorriso, della presenza fisica, dell’empatia nella condivisione e i risvolti nell’ambito di cura.

In base agli indicatori della Diagnosi Infermieristica di Paura di Lynda Juall Carpenito-Moyet, la valutazione iniziale durante la fase di accertamento degli stati di paura del paziente, permette un’assistenza basata anche sulla pratica dell’ascolto, competenza fondamentale dell’infermiere. Nei pazienti valutati si è assistito ad una riduzione dello stato di paura nelle osservazioni successive e nelle stesse, ipotizzando un effetto efficace della “presenza”.

 

Parole Chiave: anziano; paura; presenza; gratitudine; human caring.

 


Fear in the Elderly

ABSTRACT

Introduction: Frailty in elderly is physical and psychological conditions which could negatively influence their life events. The fears that arise can be determined by stereotypes that the elderly often tend to accept and that lead them to consider themselves unable up to a slow intellectual decline. This research aims to deepen the description of the manifestations of fear in the elderly and “the presence of nurses” as a possible intervention.

Materials and Methods: A qualitative research with participant observation (descriptive study with case series) was carried out within an “Intermediate Care” Department. Data collected was analyzed using the content analysis method.

Results: From content analysis of the collected material, during the participatory observation of the 13 patients enrolled in this research (9 women and 4 men; mean age 71 years), mainly positive contents emerged: “Joy (47)”, “Waiting (35)” and “Offer-memory (33)”. The content “Fear (16)”, unlike the bibliography consulted, was present but not preponderant.

Discussion: From the in-depth analysis of the material it seems to emerge that negative aspects including “Fear” are very closely linked but the large core of suffering is destabilized by the affective aspects (hope, expectation, love) that reaches a positive perspective (joy, pleasure, gratitude). “Listening” and “availability” were main interventions implemented during observation and consistently with what is described in the literature, they made it possible to record a positive impact on patients. An in-depth study was dedicated to the concept of “Offering-gift” understood as an act of active recognition by the patient towards the operator, with its symbolic and psychological implications. In the analysis of the material, aspects related to positive psychology and “human caring” were also taken into consideration, such as the importance and effect of smiling, physical presence, empathy in sharing and the implications in the area of care.

Based on the indicators of Lynda Juall Carpenito-Moyet’s Nursing Diagnosis of Fear, the initial assessment during the assessment phase of the patient’s states of fear, allows assistance based also on the practice of listening, a fundamental nursing competence. In the patients evaluated there was a reduction in the fear, in the subsequent observations and in the same, hypothesizing an effective effect of “presence”.

Keywords: elderly; fear; presence; gratitude; human caring.

 

 


INTRODUZIONE

“Uscendo dalla stanza ripenso alla sua risposta, al fatto di aver dichiarato di aver avuto paura e di averlo negato in un secondo momento quando gli è stato chiesto in maniera diretta.” (Paziente 3, osservazione 1)

“Saluto S. e lo ringrazio per le sue parole. Mi sento piccola davanti a tanta sofferenza che ha provato S. e che continua a provare. Credo che dovremmo amare la vita ed ogni singolo giorno perché purtroppo c’è chi ha avuto la sfortuna di avere meno di noi e che soffre in silenzio. Questa chiacchierata con S. mi ha lasciato un mix di emozioni, inizialmente un po’ di distacco davanti ad una persona molto espansiva ed io molto più chiusa, poi interesse nelle sue parole, dispiacere, gioia allo stesso tempo nel vedere tanta vita in una persona che soffre così tanto. Incontrare persone con un grande bagaglio così, ci fa sentire tanto piccoli.” (Paziente 4, osservazione 1)

 

La dichiarazione e poi la negazione della paura da parte del paziente fanno pensare ad una sopraffazione della realtà. Molte volte avvertendo un sentimento forte, come la paura, è l’imbarazzo del proprio giudizio che può portare alla negazione.

Gli eventi negativi nella vita dell’anziano, come la presenza di malattie, morte del partner o dei familiari, povertà, rappresentano un peso sul piano dell’esperienza affettiva e sono inevitabili solitudine, dolore e paura della morte [1–3]. Le conseguenze a livello psicologico delle patologie che possono affliggere la persona anziana, diventano evidenti durante il ricovero nell’ambiente estraneo – ospedaliero [4]. Le capacità intellettuali subiscono dei cambiamenti nell’età senile le quali possono impedire di adattarsi velocemente a situazioni nuove [5]. Molte situazioni provocano sentimenti di paura e spesso tali sentimenti causano conseguenze negli esiti della cura delle patologie con le quali interagiscono [6], il sentimento di sicurezza è un aspetto che necessita di essere curato nell’assistenza [7,8].

Le persone anziane si avvicinano al concetto della paura di morire, data anche dalla presenza di patologie che tendono ad aumentare questo sentimento e spesso rimane difficile per loro affrontare questo argomento [9]. La paura è amplificata anche dall’ambiente ospedaliero, diverso rispetto a quello nel quale la persona solitamente vive, poiché nel nuovo ambiente mancano gli oggetti personali, tutti possono entrare senza bussare ed essa si sente privata della sua libertà. “Il trasferimento di abitazione è considerato un evento stressante a tutte le età e lo è a maggior ragione per i soggetti anziani” [1,4,10]. La comparsa della paura può influire sul benessere psicologico dell’intera persona. Molte volte l’anziano teme di essere inadeguato al contesto e l’operatore che lo percepisce, tende ad allontanarsi creando un distacco o sviluppando ostacoli per una buona relazione. Così facendo si creano degli ostacoli nella relazione che possono incidere sulla qualità dell’assistenza erogata [6].

 

Obiettivo dello studio

Lo scopo di questa ricerca è stato dunque di approfondire alcuni aspetti della paura nell’anziano e verificare se la “presenza” dell’infermiere è un intervento efficace a ridurre la sensazione di paura.

 

MATERIALI E METODI

Procedure

Lo studio è iniziato a fine settembre 2017 ed è durato un mese con una cadenza di due/tre sessioni di osservazioni a settimana. Le osservazioni sono state svolte da una studente di infermieristica dopo una preparazione di base alle relazioni di cura infermieristica [11] e sotto la supervisione di due infermieri esperti. Nella Figura 1 è riportata la successione cronologica delle fasi della ricerca. Su richiesta del personale sono state inserite nel campione di studio anche tre persone con età inferiore a 65 anni, identificati come portatori di “problemi relazionali”. I pazienti che hanno manifestato rifiuto alla partecipazione nello studio o alla firma del consenso dati sono stati esclusi dallo studio. Prima di iniziare la ricerca è stato richiesto e ottenuto il parere favorevole della “S.O.S. Etica e cura” della Azienda USL Toscana Centro (rilasciato in data 14.09.2017) e tutti i dati sono stati resi anonimi per garantire la privacy.

 

Nella seconda fase sono stati svolti due o tre incontri di osservazione partecipante dei pazienti: sono stati riportati su un diario anche gli indicatori relativi alla diagnosi di paura in collaborazione col personale di reparto. Ad ogni incontro l’osservatore entrava nella stanza dei pazienti selezionati, accompagnato da un operatore del reparto (oss / infermiere) o in modo autonomo; dopo la presentazione veniva spiegato il motivo della ricerca e chiesto la firma per il consenso. Successivamente l’osservatore si tratteneva nella stanza del paziente per compiere le osservazioni che venivano riportate su un diario per un periodo di osservazione di circa 30 minuti: in tale situazione di osservazione partecipe l’osservatore se interrogato o coinvolto dava il suo contributo per evitare una situazione asettica di osservazione. Nel limite del possibile sono state riportate frasi o parole che in seguito sono state sottoposte al processo di analisi; nei casi in cui la redazione delle osservazioni avrebbe compromesso la serenità del setting la trascrizione è avvenuto dopo il periodo di osservazione.

Nella terza fase è stata svolta l’analisi dei dati raccolti assegnando dei codici ad ogni frase o gesto espresso e/o manifestato dai pazienti. Dopo una razionalizzazione dei codici emersi, l’analisi è proseguita attraverso un raggruppamento dei codici tramite “categorie” e lo studio di tabelle e grafici [12].

 

Popolazione di studio

Lo studio condotto è stato rivolto alla popolazione anziana, ricoverata in strutture sanitarie. La ricerca è stata svolta su un campione di pazienti anziani (età media 71 anni) provenienti da reparti di medicina e ricoverati in una unità di “Cure intermedie”. L’inclusione dei pazienti nello studio è stata svolta da parte del personale infermieristico del reparto, sulla base di una diagnosi infermieristica di “Paura” [13] secondo una modalità di comodo compatibile con le attività istituzionali della struttura ospitante. Nella ricerca sono stati inclusi 13 pazienti, 9 donne e 4 uomini con età superiore o uguale ai 65 anni, con l’eccezione di 3 pazienti che hanno costituito un nucleo di confronto sui dati rilevati (considerando il gruppo di confronto, il gruppo di ricerca ha avuto un’età media di 75 anni). Tutti i pazienti che sono inclusi in questo studio avevano letto, capito e firmato il consenso informato, per coloro che non erano in grado è stato fatto riferimento ai rispettivi caregiver; tutti i dati sono stati resi anonimi; per la partecipazione allo studio non sono stati distribuiti incentivi.

 

Criteri di inclusione

  • età uguale o superiore ai 65 anni;
  • Comprensione e firma del consenso informato.
  • Un eventuale stato di confusione è stato considerato inseparabile dalla situazione complessa correlata alla paura (per le persone in stato di confusione è stato richiesto il consenso ai propri caregiver).

 

Criteri di esclusione

  • Volontà a non voler partecipare allo studio.
  • Impossibilità di far comprendere all’assistito o ai familiari i motivi dello studio.

 

Strumenti

Per esplorare gli aspetti legati alla paura è stata ideata una ricerca-intervento [14], basata su osservazione partecipante. La rilevazione dei dati è avvenuta attraverso un diario nel quale sono stati descritti gli incontri con frasi dette dai pazienti, dall’osservatore, dai familiari, dagli operatori, anche decifrando le espressioni sul volto dei pazienti stessi. Il report delle osservazioni e interazioni ha costituito il testo base su cui sono state svolte le analisi.

Per la valutazione del livello di paura invece è stata effettuata attraverso le caratteristiche definenti la diagnosi infermieristica di “Paura” [13] e l’attribuzione di un punteggio (0-nessuna, 1-lieve, 2-moderata o 3-elevata). Con la collaborazione del personale di reparto è stato riportato lo stato del paziente rispetto al primo incontro (vedere Tabella 1).

La modalità di osservazione, che prevedeva una disponibilità al colloquio durante i momenti di osservazione sul campo ha reso sicuramente meno obiettiva l’osservazione ma è stata scelta per rendere l’ambiente maggiormente confidenziale e garantire l’agiatezza ai partecipanti.

 

Analisi qualitativa

La prospettiva teoria considerata alla base dell’analisi svolta si ispira al modello di “grounded theory” [15]; l’analisi sul testo prodotto attraverso i diari delle osservazioni è stata una analisi del contenuto quantitativa [12]. Per l’analisi qualitativa è stata utilizzata una Analisi Qualitativa Computer Assistita (CAQDAS – computer assisted qualitative data analysis software) tramite “R” (16) ed in particolare il modulo “RQDA” [17]. I dati sono presentati tramite una condensazione in tabella e una rappresentazione tramite diagramma network (basato sulla teoria dei grafi). L’analisi qualitativa non si è posta l’obiettivo della completa saturazione dei dati a favore di una maggiore realizzabilità in tempi relativamente brevi della ricerca, comprendendo che una semplificazione del genere non orienta verso dati certi ma almeno la dichiarazione di dati fondati, sui quali confrontare alcuni aspetti dell’assistenza (in particolare l’effetto della presenza).

 

RISULTATI

Nella tabella 1 sono riportate le caratteristiche del campione analizzato: 9 partecipanti di sesso femminile e 4 di sesso maschile; l’età media del campione è stata 71 anni. Sono state svolte 3 sessioni di osservazione per 2 partecipanti, 2 sessioni per 5 partecipanti e una unica sessione per i rimanenti 6 partecipanti. Nella stessa tabella è riportata la riduzione dello stato di paura avvenuto in 6 casi, ovvero il suo mantenimento in altri 6 casi (di cui 2 risultavano già al grado minimo quando è stata svolta l’osservazione) e l’unico caso in cui si è assistito ad una comparsa dove era assente. 

Nella Tabella 2 e nella Figura 2 sono riportati codici e frequenze. “Gioia-felicità” è il codice che appare più volte rispetto a tutti gli altri (47 volte). Seguono: “Attesa” (35 volte), “Offerta-ricordo” (33 volte), “Preoccupazione” (29 volte), “Gratitudine” (23 volte). Il codice “Paura” compare solo 16 volte.

 

Nella Figura 3 può essere osservato il diagramma network risultato dall’analisi del materiale raccolto. In minuscolo vengono riportati i codici attribuiti durante l’analisi, in maiuscolo le “categorie”, costruzioni dotate di maggiore astrazione.

Figura 3. Diagramma network. Relazioni tra codici e categorie (riportate in maiuscolo).

La parte centrale del grafico riporta i codici con molte interazioni quindi più coinvolti nell’oggetto di studio; possono essere notati codici quali: “Offerta-ricordo”, “Fragilità(indifeso)”, “Supporto”, “Attesa”, “Desiderio”, “Cambiamento”, “Patologia”, “Salute”, “Consapevolezza”.

Il grafico è una chiara illustrazione del conflitto paura-stati-correlati versus speranza-amore-piacere, i costrutti sui quali agisce sono in rapporto maggiormente con “Patologia – salute”, “Igiene”, “procedure”, “Fragilità(indifeso)”, “offerta ricordo”, “Comunicazione”, “desideri” e “Affetto”.

 

Ulteriori temi emersi

Oltre a quelli riportati nella descrizione del diagramma, alcuni temi hanno richiamato una particolare attenzione e sono stati particolarmente stimolanti durante l’analisi del materiale.

 

Dono e Gratitudine

Questo tema ha messo in luce che pensare la cura come qualcosa che dal sanitario va verso il paziente ha un carattere limitato.

«Vuoi un budino?» Colpisce la semplicità del gesto: dovremmo essere noi a “dare” assistenza al paziente e invece è lei ad “offrire” qualcosa. (Paziente 06, osservazione 1)

«Sì, ho letto altre pagine, poco per volta. Poi te lo passo e lo leggi anche te!» (Paziente 09, osservazione 2)

Nella parte centrale del Grafico Network (Figura 3), emerge come centrale il codice “Offerta-ricordo”. Durante le sessioni di osservazione in quasi tutti i pazienti è emersa l’azione di offrire qualcosa: budini, caramelle, poesie, ricordi.

 

Paura

“Era la morte all’inizio la mia più grande paura…” (Paziente 13, osservazione 2)

Le emozioni sono strettamente correlate all’ambiente circostante o a quello che è interno alla persona. James dichiara che l’uomo non scappa perché ha paura, ma perché si accorge di averla ed ha già messo in atto il tentativo di fuga [1].

Alcune emozioni mostrano una connessione con paura (Figura 3): sfiducia per la paura dell’abbandono, rabbia per paura di non essere considerato, pregiudizio per paura del confronto, impotenza per la paura di fare, giudizio per paura dell’altro, senso di colpa per paura di aver sbagliato. Infelicità, tristezza e dolore richiamano emozioni negative che possono sovrapporsi con la paura. Tale vicinanza di concetti richiama anche il costrutto di “sindrome migratoria”, che si manifesta quando una persona si trova in un ambiente di vita estraneo [4]. Così potrebbe essere interpretata la sovrapposizione dei concetti negativi osservabile nel Diagramma Network (Figura 3). La paura di non essere amati risale alle cure parentali insieme alle quali veniva trasmesso l’amore. “Amore” è una categoria della parte positiva del Diagramma Network (si veda Figura 3).

 

Depersonalizzazione

“Ho durato fatica ad accettarlo, lì per lì ho sdrammatizzato con una delle mie solite battute, poi una volta da solo, ci ho riflettuto … non mi riconoscevo più all’inizio … è stata dura da digerire” (Paziente 4, osservazione 1).

La depersonalizzazione si caratterizza dal fatto che il paziente non si sente più la stessa persona che era prima del ricovero.

 

Contatto

In molte occasioni l’aspetto fisico è risultato centrale, una comunicazione oltre le parole.

“Le accarezzo la mano, mi sorride, le sorrido. Rimaniamo per un po’ in silenzio” (Paziente 7, osservazione 2)

“Grazie tesoro, vieni qua, dammi la mano” è stato sufficiente stringere loro la mano, sorridendo in silenzio. Quella stretta ha permesso di comunicare oltre alle parole, l’emozione della “presenza”. (Paziente 14, osservazione 2)

 

Speranza

Dall’analisi dei dati emerge una categoria centrale nella parte positiva del Diagramma Network (Figura 3), la “Speranza”. Essa è correlata a ottimismo, in quanto si presenta come l’attesa di un esito gradito o al contrario come rimozione di un esito sgradito riguardo un evento futuro [5].

 

Emozioni Positive

“Mi ripete più volte che sta aspettando la nuora e non sa se avvertire il figlio che si è sentita male ma mi dice «non voglio dargli pensiero»” (Paziente 7, osservazione 1-Stato di paura: 3-elevato)

“Chiude nuovamente gli occhi e noto che respira a bocca aperta, le sue mani sono meno tese e la respirazione è meno accelerata rispetto a prima, forse inizia a rilassarsi un pò” (Paziente 7, osservazione 1-Stato di paura: 1-lieve) […] “Lei guarda davanti a sé in maniera fissa con la bocca leggermente aperta. E’ tranquilla, ha una respirazione normale rispetto all’altro giorno” […] “Chiude gli occhi come se si stesse addormentando. Le braccia sempre distese lungo i fianchi, il respiro più profondo e lento. Dorme.”  (Paziente 7, osservazione 2-Stato paura: 1-lieve)

Il codice più frequente è stato Gioia-felicità (47 volte). Attesa (N=35), Offerta-ricordo (N=33), Preoccupazione (N=29) e Gratitudine (N=23) sono termini che si evidenziano con maggior frequenza (Tabella 2).

 

Identificazione ed Empatia

“Sono stata con lei più del previsto, un po’ perché ho dato modo alla nipote di stare con lei, un po’ perché era piacevole parlare della sua vita, dei suoi ricordi, decido di salutarla per dare spazio anche ad un altro paziente. Sono contenta di questo incontro, di essere entrata in sintonia con lei, il fatto che mi abbia chiamata con un soprannome, credo che ciò sia positivo.” (Paziente 1, osservazione 1)

“Sono stati 20 minuti passati molto velocemente e mi ha fatto piacere aver rivisto R., mi interessa ascoltarla e sono contenta dei progressi che ha fatto in questi giorni. R. ha tanto bisogno di avere qualcuno vicino col quale poter parlare.” (Paziente 1, osservazione 2)

“Sono contenta di aver passato tre giorni con R., di averla ascoltata, delle belle parole ricevute. Nonostante come da lei riferito, qui in reparto abbia trovato dei bravi operatori, lontani dalla famiglia avvertiamo sempre qualcosa che ci manca; sono contenta che R. ritorni a casa con la figlia.” (Paziente 1, osservazione 3)

Durante le interviste si sono manifestate nell’osservatore emozioni, soprattutto legate alla gioia, ma anche di tristezza e di nostalgia alle quali si è sentito il bisogno di rispondere con un sorriso. Il sorriso è risultato essere fondamentale per entrare in sintonia con l’altra persona, guardarla negli occhi per cercare di lasciare un ricordo piacevole. Al “sorriso” la paziente rispondeva con un ulteriore sorriso che ha alimentato una spirale positiva.

 

DISCUSSIONE

Il ricovero sembra effettivamente costituire un evento che mette a rischio l’equilibrio della persona anziana, costituisce quindi, di per sé, una causa di paura:

“Mi dice di continuo di non farcela più e piange” (Paziente 10, osservazione 1)

“Ho tanta paura … non ne posso più …” (Paziente 12, osservazione 1)

 

Naturalmente la paura della morte è una delle più importanti anche se nel materiale raccolto non sembra essere l’unica; altre paure espresse riguardavano: perdere un arto, di sentirsi male e fare male ad altri, di essere a carico familiare, l’incertezza, di non essere più la solita persona, l’ambiente ospedaliero, gli operatori e le loro divise, le procedure di routine, di essere truffata. Tutte paure connesse con lo stato di fragilità.

Il modello espresso dal diagramma network (Figura 3), condensato del lavoro di ricerca svolto, mostra una struttura che vede da un lato la paura collegata ad altri concetti quasi del tutto sovrapponibili dal punto di vista delle connessioni (sconforto, dispiacere, vergogna, tristezza, rinuncia e agitazione) come a formare un costrutto che sembra richiamare la “sindrome migratoria” [4]; dall’altro lato le reazioni di speranza, aspettativa che arrivano fino ad amore e piacere. Le reazioni che hanno sorpreso maggiormente e attratto l’attenzione dei ricercatori sono state appunto quelle relative al piacere, uno stato d’animo sicuramente inatteso, soprattutto perché la selezione dei pazienti è avvenuta sulla base della diagnosi di paura. La sindrome migratoria accennata può facilmente trovare spiegazione nella situazione “estranea” rappresentata dall’ambiente ospedaliero, ma per la parte orientata alla salute (fino al piacere) sembra necessario il ricorso ad una teoria infermieristica che permetta di includere la crescita personale del paziente all’interno degli obiettivi di cura, intendendo l’assistenza infermieristica come strumento per lo sviluppo e il benessere [18,19] e non solo come mezzo assistenziale di supporto. La funzione della assistenza infermieristica in questo senso è quella di “contenere” sia le categorie collegate alla paura sia quelle collegate alla speranza tramite aspetti tipici della professione quali patologia-salute, igiene, procedure.

Partendo dalla rilevazione della maggiore frequenza riscontrata dai codici gioia-felicità, attesa e offerta-ricordo, che riflettono un clima sorprendentemente positivo, i contenuti riportati sotto il codice offerta-ricordo costringono, anche per la loro posizione di centralità nel modello, ad una riflessione. Una possibile spiegazione che è stata posta riguardo a tale risultato di emotività positiva è in relazione con lo “stile” utilizzato per la ricerca: l’intervistatore-osservatore ha svolto delle osservazioni utilizzando una modalità improntata alla gentilezza [19], all’ascolto non direttivo [20] e non in modo asettico (non interagire avrebbe introdotto una variabile “spersonalizzante”).

La diagnosi di “paura” si è ridotta in tutte le diagnosi di paura media / alta e rimasta stabile nei casi lievi / assente (Tabella 1). Solo in un caso è aumentata da assente a lieve durante l’osservazione. La sintesi è che nel campione osservato prevalgono sentimenti di gioia, attesa e la volontà di offrire qualcosa all’operatore, mentre paura compare solo al decimo posto in ordine di frequenza, almeno questo è accaduto nell’ambiente di osservazione attenta realizzato dal dispositivo della ricerca-intervento [14] attuata. Il tema del dono ha portato il coinvolgimento al centro dell’attenzione: accettare o rifiutare? Ovviamente accettare o rifiutare si estende dal dono al paziente e in questo ambito anche un gentile rifiuto costituisce comunque un rifiuto, ma accettare significa diventare “debitori” verso il paziente: il dono è un elemento fondamentale per la nascita dei rapporti sociali e delle comunità umane, in quanto esprime la volontà degli uomini di “creare relazioni”, le quali hanno come conseguenza l’obbligo della restituzione [21]: ad anche l’operatore che si ferma al letto di un paziente per ascoltarlo, gli “dona” il suo tempo e non lo fa in modo gratuito poiché in un certo senso spera di avere in cambio, come restituzione del suo ascolto, un appagamento personale per aver fatto confidare e liberare il paziente dalle preoccupazioni che lo turbavano [22]. Il ricevente si sente obbligato a restituire qualcosa che ha ricevuto.

“Mi ha fatto piacere conoscerti, ti ringrazio tanto tanto!” (Paziente 13, osservazione 2) la frase del paziente, in questo caso, ha trasmesso all’osservatore il senso di gratitudine per l’ascolto che le era stato dedicato.

Donando e ricevendo si innesca una spirale di riconoscenza e in effetti la maggior parte dei pazienti del presente studio ha manifestato la gratitudine.

«Grazie tesoro, vieni qua, dammi la mano!» (Paziente 14, osservazione 2)

«Grazie…», Mi prende la mano e la stringe portandola verso la sua guancia… (Paziente 13, osservazione 2)

In questa frase è possibile notare la manifestazione di emozioni controverse: gratitudine verso chi dona, ma anche imbarazzo poiché a questo punto la persona è debitrice nei suoi confronti, si crea dunque uno squilibrio, uno stato di debito, definito da Hochschild “economia della gratitudine” nella quale ogni ricevente è grato al donatore [9].

“Mi avvicino, l’abbraccio e piange” (Paziente 13, osservazione 2)

E’ proprio dalla gratitudine verso il dono ricevuto che può scaturire il pianto nel momento degli abbracci e dei saluti [23]. A proposito di “Gratitudine”, Esopo riteneva: “la gratitudine come segno di anime nobili”, mentre per Cicerone serviva per mantenere l’amicizia ed una giusta società, per Adam Smith rappresenta una delle emozioni di base nella società [22]. Secondo Klein la gratitudine nasce nell’infanzia [1,24], già nei primi scambi relazionali madre-bambino attraverso l’allattamento al seno. Se quest’ultimo viene sottoposto a frustrazioni, proietta sul seno della madre degli impulsi aggressivi e sarà più difficile provare gioia e gratitudine: frustrazione, gioia e gratitudine sono temi sicuramente presenti nei luoghi di degenza. Determinati atti di gratitudine sono in grado di trasmettere a chi li riceve la capacità di offrirne a sua volta, poiché la presenza di feedback positivi da parte di chi riceve, come un abbraccio, un sorriso, permette di rinforzare le motivazioni del donatore. Durante l’osservazione si è creata una spirale di “gentilezza amorevole” [19]: è possibile fare l’ipotesi che questa sia responsabile dei contenuti di gioia, molto frequenti, che sono stati rilevati.

Naturalmente le osservazioni di fenomeni ansiosi e di sofferenza non sono state poche: il codice preoccupazione al 4° posto, delusione-tristezza al 7°, stanchezza 8°, dolore al 9° e paura al 10° (Tabella 2) ne danno piena testimonianza.

La persona sofferente, tende a fuggire:

“Mi dice di continuo di non farcela più e piange” (Paziente 10, osservazione 1)

Ascoltare la persona che soffre, si è dimostrato un intervento utile ad alleviare il suo dolore.

“Dice di non sapere, poi si convince a parlare. Dal colloquio è emersa tutta la sua sofferenza, una sofferenza che, in un primo momento, era stata mascherata […] è bastato sedersi vicino, ed essa si è liberata di un peso che si portava dentro da molto tempo: una serie di lutti di persone a lei care, il marito, la figlia, si sente sola e trova difficoltà nel pensare al futuro, poiché ha dubbi sulla sua guarigione. «è dura […] sono sola»; mi dice di continuo di non farcela più e piange. Agli operatori si era presentata come la più sorridente del reparto (Paziente 10, osservazione 1. Scala paura iniziale = 3, post intervento = 2).

“I drammi più commoventi e più strani non si svolgono a teatro, ma nel cuore di uomini e donne comuni. Questi vivono senza attirare l’attenzione e non tradiscono minimamente i conflitti che imperversano nel loro animo” [25].

Secondo Nhat Hanh, lo scopo della pratica dell’ascolto compassionevole consiste nel permettere alla persona di esprimersi, senza interromperlo o correggerlo, diminuendo così il suo dolore [26].

 

“Ma, tornerò a casa?” (Paziente 10, osservazione 1)

Il dolore a volte accresce per paura dell’ignoto, ma l’uomo finge di stare bene perché non ama provare solitudine, rabbia o paura. Spesso sono i forti desideri che egli ha ad ostacolare la sua felicità, permettendo così alle emozioni negative di accumularsi. Quando una persona è malata, essa desidera che sia fatto qualcosa per lei e la sensazione di essere curata aumenta le aspettative di guarigione riducendo ansia e depressione connesse all’essere malati [27]. Molte volte viene applicato l’effetto placebo per diminuire uno stato di dolore, di ansia, ma anche la capacità di trasformare la sofferenza in emozioni positive è di grande aiuto.

La guarigione non è solo un placebo, essa condensa l’effetto dell’ambiente, della fiducia e della cura, gli “atti sacri infermieristici”, un contatto profondo dell’essere che avviene alla presenza di un infermiere, supporto e testimone [8,19].

Senza la sofferenza non ci sarebbe la felicità; se la persona è in grado di riconoscere il dolore, allora sarà in grado di riconoscere anche la gioia. La sofferenza del corpo è determinata dal dolore, dalla fame, dalla malattia e dalle lesioni fisiche, invece il tormento della mente è caratterizzato dalla presenza di ansia, gelosia, disperazione, paura e rabbia [26]. Possono coesistere entrambi i due tipi di sofferenza provocando tensione e stress ed è grazie alla consapevolezza che l’uomo è in grado di riconoscerla: «Appena apriamo la bocca per dire sofferenza, sappiamo che nello stesso momento è già presente anche l’opposto della sofferenza. Dove c’è sofferenza, c’è felicità» [28].

“Inspirando, so che la sofferenza è presente. Espirando, saluto la mia sofferenza” [26], un paziente agitato, per essere calmato, viene invitato a respirare lentamente e pian piano il suo turbamento, la sua sofferenza in quel momento si placa lentamente.

L’atteggiamento positivo è sempre benefico e per superare la paura è necessario informarsi sulla malattia, ottimismo e speranza inoltre possono essere trasmesse al paziente dalle persone che lo circondano. “L’ottimismo è la fede che porta al risultato. Senza speranza né fiducia, non si può fare niente.” (Helen Keller), fattori fondamentali per la guarigione e la sopravvivenza del paziente, che non possono essere misurati scientificamente, ma nemmeno ignorati [29], “l’ottimismo sembra avere effetti positivi sulla salute anche in situazioni particolarmente delicate” [30].

“Anche se nella stanza c’è il buio, tu mi porti la luce col tuo sorriso” (Paziente 1, osservazione 3)

“Proprio una bella persona, complimenti per il sorriso” (Paziente 4, osservazione 1)

In queste frasi comuni, troppo poco considerate, si manifestano le indicazioni per comportamenti che il paziente sente di accudimento.

 

Se la persona pensa di non essere amata abbastanza, è esposta maggiormente alla paura della mancanza di amore. “Il riso, è in alcuni casi, una risorsa vitale che cura, previene, riabilita, educa e libera dalla paura restituendoci una consapevolezza più ampia della nostra esistenza” [23] oltre ad avere documentati effetti terapeutici [31].

In ultimo, si vogliono riportare gli aspetti emotivi di coinvolgimento che seguendo le prospettive teoriche legate alla presenza autentica [19] rappresentano un importante fattore curativo:

 

“Anche se ripete le solite cose, mi fa piacere stare con lei, provo tanta tenerezza ad ascoltarla. Quei capelli grigi e bianchi sono il segno del tempo che passa, così come la sua memoria è segno del tempo che scorre.” (Paziente 9, osservazione 1)

La tristezza spesso sembra essere l’aspetto più intenso nella comunicazione del paziente, il perdere le cose importanti e dare importanza a cose inutili che spinge a riflettere sulle cose veramente importanti della vita: il grande tema del significato. Ascoltare, anche il silenzio, ha fatto emergere emozioni e riflessioni che potrebbero essere utili alla crescita di ogni operatore.

 

“Rimango commossa uscendo dalla stanza. È incredibile come un piccolo gesto, una piccola parola di conforto possa far sentire meno sola una persona. È brutto pensare a quanta solitudine e sofferenza possano esistere in una persona.” (Paziente 10, osservazione 1)

“Mi sono sentita in imbarazzo a sentire parlare così suo figlio…mi viene da pensare che quell’inizio di depressione, forse non sia dovuto soltanto alle patologie della signora N., ma anche ad un suo stato emotivo determinato dalle circostanze nelle quali si ritrova. Sono rimasta un po’ turbata da questa scena…magari è soltanto un’impressione, ma sembra che N. dipenda molto dal figlio, non tanto per spostarsi dal letto alla sedia, bensì nelle parole.” (Paziente 13, osservazione 1)

Tenerezza, senso di protezione che diventa rabbia per la ridotta considerazione nel paziente hanno caratterizzato molti momenti dell’osservazione. La tenerezza, legata allo stato di fragilità ha anche sostenuto la gran parte degli interventi di ascolto e presenza-vicinanza che sono stati attuati durante l’osservazione.

 

Conclusioni

Le paure che insorgono nell’anziano possono essere determinate da stereotipi come ad esempio che esso diventi dipendente da un’altra persona. Questi pregiudizi possono portare la persona anziana a ritenersi inutile, malato, priva d’idee e di interessi. A volte gli anziani tendono ad accettare questi stereotipi negativi che li portano a ritenersi incapaci fino ad un lento declino intellettuale. Per invecchiare bene è necessario seguire una buona alimentazione ed esercizio fisico, ma è fondamentale anche mantenere delle relazioni sociali basate su amicizia ed amore per evitare la comparsa di solitudine.

La domanda di ricerca iniziale si proponeva di individuare se l’infermiere durante la fase di accertamento, individuando la paura nell’anziano, può aiutarlo a superarla appena si manifesta; se la “presenza” in particolare potesse essere un intervento efficace a garantire un buon percorso di assistenza. La “presenza” è un fattore di cura capace di produrre cambiamenti di per sé. Le categorie SPERANZA, AMORE, PIACERE, sono risultate l’antidoto.

Differentemente da quanto atteso, in questo studio, il codice paura non è risultato frequente quanto ipotizzato, ma è addirittura stato superato dal codice gioia-felicità. Sulla base dei dati raccolti e delle riflessioni presentate nel capitolo precedente è possibile ipotizzare che per una parte sia stata proprio la sua presenza dell’osservatore, come figura esterna al reparto nel quale si è presentato senza indossare la divisa, proprio per evitare un distacco col paziente dato dalla “paura del camice bianco” e che, per la parte partecipe, si è coinvolto emotivamente e deliberatamente nelle relazioni con i pazienti. Relativamente agli interventi, quelli codificati come modalità di osservazione partecipe, cioè ascolto attento, riformulazione, presenza emotiva espressa anche con gesti di contatto fisico, così come descritti dalla letteratura consultata, si sono dimostrati utili e coerenti con la riduzione della sensazione di paura o di preoccupazione. Come affiora dall’analisi dei dati nella popolazione osservata, sono presenti aspetti negativi quali paure e preoccupazioni, ma la relazione efficace di ascolto ha permesso ai pazienti di far emergere maggiormente le loro emozioni positive, poiché è stato permesso loro di esprimersi, senza interruzioni o correzioni, diminuendo così le loro ansie.

Rispetto agli indicatori forniti dalla diagnosi infermieristica di “paura”, l’osservazione partecipe, utilizzando le tecniche descritte è risultata efficace nella riduzione della paura in tutti i pazienti gli stati iniziali nei quali era presente anche una minima paura, quest’ultima è migliorata con , con diagnosi di paura media o alta, senza effetto nei casi di paura lieve o assente e solo in un caso ha registrato il passaggio da assente a lieve.

Anche l’atteggiamento ottimistico è stato preso in considerazione come strumento terapeutico: “Essere ottimisti non vuol dire essere rassegnati o negare che esistano le malattie, ma ricercare e inseguire il lato buono di tutte le situazioni convinti che esiste”, per affrontare meglio l’età senile, l’accettazione di quest’ultima, non deve arrestare la vita della persona, ma bensì indirizzarla verso nuove aspettative [32].

 

Tipi Di Paure

Benché non rientrasse negli scopi di questa ricerca l’esplorazione dei differenti tipi di paura manifestati dai partecipanti durante l’osservazione, le paure più frequentemente espresse riguardavano: la paura di perdere un arto, di sentirsi male e fare male ad altri, “di essere a carico familiare … di avere un futuro incerto, paura di non essere più la solita persona”, “dall’ambiente ospedaliero, dagli operatori e le loro divise, dalle procedure di routine”, di non trovare più lavoro, di morire, di essere stata truffata. L’alterazione del concetto di sé, l’ambiente ospedaliero, la perdita di autonomia, sembrano le diagnosi infermieristiche [4] che si correlano maggiormente con l’esperienza di paura dei pazienti osservati.

 

Human Caring E Relazione D’aiuto

Per la spiegazione degli effetti registrati di riduzione della paura, ma anche di sviluppo di un senso di piacere all’interno dell’esperienza di ricovero, è stato necessario ricorrere ad una teoria infermieristica che consideri la possibilità di facilitare ed attivare il processo di guarigione attraverso la “presenza”: «spostare l’attenzione dalla malattia, dalla diagnosi e dal trattamento al prendersi cura umano, alla guarigione e alla promozione della salute spirituale potenzia la salute stessa, la guarigione e la trascendenza (…). La relazione umana transpersonale ha una dimensione spirituale… che può sfociare nella guarigione». La presa in carico della persona rappresenta un momento delicato, fatto di amore e di una visione globale dell’esistenza umana. Infermiere e paziente determinano insieme la relazione scegliendo quale uso fare di quel momento nel tempo e nello spazio. Il modo in cui l’infermiere si relaziona avrà un impatto significativo sulle opportunità immediate e sui risultati finali [11,19,29]. SPERANZA, PRESENZA e GRATITUDINE sono i contenuti emersi in opposizione a PAURA, nelle sue varie forme.

 

LIMITI DELLO STUDIO

Questa ricerca qualitativa è basata sull’osservazione partecipante di un gruppo ristretto di pazienti, 13 in tutto, ricoverati nel Reparto Cure Intermedie, nei quali il metodo applicato è risultato efficace nella riduzione dell’intensità del livello di paura (Tabella 1), ma non vi è la certezza che esso sia applicabile a tutta la popolazione. Soprattutto non è stato possibile raggiungere la saturazione delle osservazioni, proseguendo l’attività di ricerca, le definizioni delle categorie in particolare avrebbero necessitato di ulteriori osservazioni per verificarne la saturazione. Un limite è dato dal fatto che non è stato possibile seguire tutti i pazienti più di una volta, poiché spesso la dimissione avveniva prima del tempo previsto. Un altro limite è dato dalla difficoltà di reperire l’argomento paura, nella produzione scientifica a fronte della facilità di reperimento nella bibliografia umanistica ed esistenziale: la maggior parte degli studi riporta la “paura di cadere”, la “paura di morire” o la “paura nel bambino”; minori quelli sugli aspetti esistenziali della paura o di un senso di paura diffuso nell’esperienza di ricovero dell’anziano.

Una limitazione non prevista è stata creata dal non aver misurato in modo preventivo tutte le emozioni ma solo l’intensità della paura perché non previsto dall’ipotesi iniziale: mentre la presenza e la prevalenza sugli altri costrutti è emersa dall’analisi del contenuto delle frasi raccolte, l’aumento di gioia-felicità è stato inferito sulla base dei resoconti del ricercatore.

 

Analisi riflessiva

Questa ricerca testimonia il valore della tecnica dell’osservazione partecipe, tramite l’ascolto attento, la riformulazione e la presenza emotiva per ridurre la sensazione di paura o di preoccupazione e tramite la relazione efficace di ascolto, per permettere ai pazienti di far emergere maggiormente le loro emozioni positive. Anche la variabile legata al colore delle divise potrebbe essere oggetto di sperimentazione per valutare se possa contribuire ad un miglioramento dell’umore anche nelle persone anziane [33]. Le competenze ontologiche, nella. Parte relazionale dell’assistenza, sono state il fondamento dell’approccio utilizzato con i pazienti [19].

Un approfondimento dello studio potrebbe essere svolto sull’effetto della divisa (o di una divisa colorata) sulla risposta emotiva che si otterrebbe dai pazienti. L’osservatore avrebbe inoltre cercato di accettare maggiormente ed approfondire gli “Offerta-dono” materiali dei pazienti.

“Apprensione, incertezza, attesa, aspettative, paura delle novità, fanno a un paziente più male di ogni fatica”. (Florence Nightingale)

 

EVENTUALI FINANZIAMENTI

Questa ricerca non ha ricevuto nessuna forma di finanziamento

 

CONFLITTI DI INTERESSE

Gli autori dichiarano che non hanno conflitti di interesse associati a questo studio

 

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