IL RUOLO DELL’INFERMIERE NELLE CARCERI: REVISIONE DELLA LETTERATURA

Martina Messina1, Federica Ilari2, Antonino Calabrò3, Maria Chiara Carriero4, Roberto Lupo5, Lorenzo Bardone 6

  1. Infermiera libera professionista presso ASL TO5 “Ospedale Santa Croce” Moncalieri SPDC;
  2. Infermiere Tutor della didattica professionale UPO sede di Biella;
  3. Infermiere ASL Biella S.P.D.C.;
  4. Psicologa, Istituto Santa Chiara, Roma
  5. Infermiere, Ospedale “San Giuseppe da Copertino”, ASL Lecce
  6. Infermiere Tutor della didattica professionale UPO sede di Biella;

* Corresponding Author: Dott. Antonino Calabrò, Infermiere presso l’ASL Biella S.P.D.C.

E-mail: antonino_calabro@pec.it

 

 

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Abstract

Introduzione: L’infermiere presente all’interno delle carceri opera tra la gestione della sicurezza e il diritto della salute, spesso con elevata complessità assistenziale, in un setting difficile, dove a prescindere dal reato commesso, è fondamentale la presa in carico del paziente.

Obiettivo: Individuare il ruolo e le competenze specifiche degli infermieri che lavorano negli istituti penitenziari

Materiali e metodi: La ricerca degli articoli è stata effettuata tramite la consultazione di banche dati biomediche quali Medline (PubMed) e Cinahl, reperendo articoli scientifici di studi primari. Risultati: Dalla ricerca bibliografica sono stati reperiti 394 articoli ma, di questi, solo 4 articoli sono risultati pertinenti con l’obiettivo della ricerca. Dalla ricerca emerge il ruolo complesso dell’infermiere che si trova ad affrontare una popolazione che presenta diverse criticità legate a fattori psicosociali, culturali, ambientali, patologie croniche e che manifesta dipendenze, disturbi psichici, infezioni. È necessaria una formazione specialistica post base per rispondere ai molteplici bisogni assistenziali dei detenuti. Occorre maggiore tutela per il professionista Infermiere che opera all’interno degli istituti penitenziari.

Conclusioni: Nel sistema penitenziario si contraddistingue la forte necessità della figura dell’infermiere e, all’interno di tale ambiente tanto da rappresentare uno dei pilastri portati dell’assistenza sanitaria, in grado di fornire e assicurare la somministrazione equa dei trattamenti sanitari. Dalla revisione emerge la necessità di ulteriori studi, soprattutto in ambito nazionale.

 

Parole chiave: Ruoli infermieristici, assistenza infermieristica, competenze infermieristiche, competenza professionale, penitenziario, carcere.

 


THE ROLE OF THE NURSE IN PRISONS. LITERATURE REVIEW

 

Abstract

Introduction: Nurses that work within prisons find themselves in conditions where management of safety comes hand in hand with the right to receive healthcare. A difficult and complicated context where assistance must be provided regardless of the crime committed by the patient.

Objective:  Identify the specific role and skills of nurses working in penitentiaries institutions

Materials and methods: Research of the articles was carried out through consultation of biomedical data-banks, such as Medline (PubMed) and Cinahl, obtaining scientific articles from primary studies.

Results: From the bibliographic research 394 articles were obtained but of these only 4 were considered useful regarding this study. From the research we can notice the complicated role that a nurse has to face, a group of people that have critical elements connected to factors that could be psychosocial, cultural, environment, infection, mental illness, chronic pathologies that manifest dependency. A form of post base specialization is required for these contexts with multiple needs of assistance from the inmates. A greater need of protection is required for professional nurses that work within penitentiary institutes.

Conclusions Within the penitentiary system the role of nurse is highlighted by the strong need of it within this context so much so that it’s a core of the sanitary assistance. Capable of assuring and delivering fair administration of sanitary treatments. From this revision a need of further studies regarding this context is needed especially from a domestic point of view.

 

Keywords: Nursing roles, nursing assistance, nursing competences, professional competences, penitentiary, prison

 

 

 



Introduzione

 “Ogni persona ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana” questo è ciò che recita l’articolo 35 della “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” del 2000 [1]. Nel corso degli anni in ambito penitenziario sono state stilate delle leggi sul diritto alla protezione della salute, come l’articolo 11 della Legge del 26 luglio 1975 n. 354, che esplica il dovere del sanitario di visitare, ad intervalli regolari, gli internati, al di là delle richieste degli interessati e dichiara, quindi, “Ogni istituto penitenziario è dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati […]”.[2].

Un ulteriore importante contributo è la “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” del 2012 che in merito al diritto di salute enuncia: “Sono salvaguardati il diritto alla salute e l’erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza. I servizi disponibili all’interno di ciascun istituto sono indicati nella Carta dei servizi sanitari per i detenuti e gli internati.”  [3]

Il personale infermieristico ha il suo primo effettivo ingresso nelle carceri negli anni ’70, come attesta la Legge 740/70 [4], e grazie alla Legge n. 419 del 1998 che parla di “Riordino della medicina penitenziaria” si colloca la sanità penitenziaria all’interno del SSN [5]. L’infermiere nel contesto penitenziario ha un ruolo poco conosciuto, lavora al di fuori del contesto ospedaliero, interagisce quotidianamente con detenuti, polizia penitenziaria e figure professionali mediche e non mediche. Nonostante tutto, la sua figura non è conosciuta e messa in rilievo come dovrebbe e visto il luogo di particolare complessità in cui opera, essa potrebbe rappresentare una sfida per far reputare la figura professionale dell’Infermiere Penitenziario come una vera e propria Specializzazione[6]. La storia degli infermieri in carcere come gruppo, con una propria disciplina professionale, non ha un passato remoto: uno dei problemi fondamentali legati al suo recente inserimento è proprio la definizione dei fenomeni (problemi, rischi, bisogni, spazi di autonomia e miglioramento) che costituiscono il suo territorio di interesse specifico ed autonomo, così come gli strumenti di lavoro (protocolli contestualizzati, pathway multiprofessionali e documentazione assistenziale infermieristica) , voluti dalla legislazione ed in grado di garantire qualità e sicurezza [7,8,9].M. 14 settembre 1994 n°739, n°251 10/8/2000, Codice deontologico).  L’assistenza ai carcerati, inoltre, non appare un compito facile, poiché si parla di un’utenza con “esigenze senza eguali nel mondo della sanità” [6].

L’infermiere, spesso, risente di una non adeguata preparazione e di una mancanza di conoscenza sulle normative e prescrizioni degli Istituti di detenzione. Si trova impreparato innanzi al lessico adoperato nel settore ed   è intimidito da uno scenario composto da ambienti chiusi, sbarre e cancelli [10] e a contatto con un’equipe diversa dal solito, composta, ad esempio, dalla Polizia Penitenziaria [6].

L’infermiere progetta le proprie attività in “un ambiente non favorevole alla costruzione di una relazione terapeutica” perché caratterizzato da un sovraccarico di lavoro, dovuto all’alto numero di detenuti, e da un’esperienza di elevato stress emotivo e tensione per la limitata autonomia sul proprio esercizio, per il ridotto accesso a risorse e attrezzature e per le restrizioni dovute per ragioni di sicurezza [11].  Tutto il proprio lavoro lo deve svolgere all’interno di “spazi limitati”, come le celle, e in “tempi ristretti concessi dai ritmi di lavoro”, imponendo di “ridefinire i modi e i metodi” del proprio processo assistenziale [6]. A questo si aggiunge anche la necessaria collaborazione con gli agenti di custodia e il rispetto dei regolamenti interni, al fine di mantenere sicurezza e ordine. Le dinamiche dell’ambiente carcerario portano in essere una serie di problematiche che costituiscono degli ostacoli alla pratica infermieristica. In questo contesto, l’infermiere è colui che cura i bisogni di salute dei carcerati, gestisce ed organizza le visite mediche, ha l’incarico di mantenere la custodia, l’ordine, la privacy delle cartelle sanitarie e la responsabilità della sorveglianza dei farmaci.

La popolazione carceraria si può considerare ad alto rischio a causa delle circostanze che precedono e accompagnano la detenzione [12]. Gli ambienti carcerari sono luoghi intrinsecamente insalubri e presentano notevoli problematiche che vanno ad incidere sulla salute del detenuto[13]. Se la salute secondo l’OMS viene definita come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, il carcere racchiude diversi ostacoli a tale conseguimento.

 [6]. Si è portati a pensare che il ruolo dell’infermiere all’interno delle carceri sia limitato alla mera esecuzione di procedure e interventi standard. Le competenze dell’infermiere sono di natura intellettuale, oltre che tecniche avanzate, soprattutto relazionale ed educazione sanitaria, così come recita il profilo professionale D.M. 739/94: “l’assistenza……di natura tecnica, relazionale ed educativa”[1].
La sfera relazionale, costituita da incontri, scambi, e confronti che l’infermiere intrattiene con la persona bisognosa di cure e la sua famiglia, richiama la vera essenza e la peculiarità della professione infermieristica e del processo di Nursing che va dalla presa in carico, alla valutazione, pianificazione, attuazione e verifica dell’intervento assistenziale, ponendo come obiettivo principale la salute del paziente nella sua totalità  non solo come cura della malattia, aspetti che all’interno degli istituti penitenziari possono essere compromessi e possono implicare l’insorgenza di conseguenze psico-fisiche. Si può evincere, quindi, quanto arduo sia il lavoro che un infermiere penitenziario è portato a sostenere. Ad oggi, sono esigui gli studi presenti in letteratura che esplorano il ruolo dell’Infermiere nelle carceri; quelli presenti offrono scenari differenti sia in ambito nazionale che in quello extranazionale. Da qui la necessità di elaborare una revisione degli studi.

Obiettivo

Individuare il ruolo e le competenze specifiche degli infermieri che lavorano negli istituti penitenziari

Materiali e metodi

Disegno di studio

Revisione narrativa della letteratura condotta attraverso un metodo di ricerca sistematico delle evidenze. Per condurre la revisione è stato formulato un quesito di ricerca utilizzando la metodologia P.I.O. (Tabella. 1).

 

Strategia di ricerca

La ricerca degli articoli è stata effettuata, (dal mese di Maggio 2019 a Luglio 2019), tramite la consultazione delle banche dati Medline (PubMed)  e Cinahl (Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) attraverso EBSCO Publishing. Sono state utilizzate le seguenti parole chiave: “nursing role”; “nursing care”, “nursing competencies”, “professional competence”, “penitentiary”;  “prison”.  .

Per la ricerca sono state utilizzate le stringhe riportate nella Tabella n. 2, composte da termini Mesh e key-words combinati tra loro attraverso gli operatori booleani AND & OR. Gli articoli ottenuti e i relativi full-text sono stati verificati da due valutatori, al fine di identificare i report pertinenti.

Criteri di inclusione ed esclusione, strategia di ricerca nella letteratura scientifica

Criteri di inclusione: studi primari quantitativi, periodo dal 2009 al 2019, lingue incluse inglese, francese, spagnolo, tedesco, italiano.

Sono stati inclusi studi relativi a istituti di reclusione con soli soggetti maggiorenni. Sono stati esclusi tutti gli studi pubblicati prima del 2009; gli studi secondari e gli studi con soggetti minorenni e gli studi con presenza di solo abstract e full text non rilevabile.

Dopo aver applicato i criteri di inclusione e di esclusione, nella fase preliminare sono stati identificati 394 articoli (103 in Pubmed e 291 in Cinahl). E’ stato escluso un articolo perché doppio (n=1), identificando 393 articoli  (n=393) sui quali è  stata fatto un ulteriore screening per titolo e abstract. Di questi, sono stati eliminati 377 articoli perché non rispondenti al quesito e non pertinenti con l’obiettivo, ottenendo un numero di articoli con full text n=16. Successivamente, visionando i full text dei 16 studi restanti, applicando i criteri di eleggibilità, sono stati eliminati 13 studi. Al termine del processo di selezione, sono stati inclusi n= 4 articoli, che descrivono il ruolo dell’infermiere penitenziario e tutte le competenze ricoperte nel contesto detentivo (Figura. 1). La traduzione è stata condotta da madre lingua inglese e docenti di lingue specifici delle varie lingue.

Estrazione dei dati

Per ogni articolo sono stati estratti i dati relativi a: autore/i, anno di pubblicazione, tipologia di studio, numerosità del campione, scopo e risultati. La sintesi e le caratteristiche degli studi revisionati sono state riportate in Tabella 3.

 

Risultati

Dei 394 articoli identificati nella fase preliminare, al termine del processo di selezione, sono stati sono stati inclusi n= 4 articoli, che descrivono il ruolo dell’infermiere penitenziario e tutte le competenze ricoperte nel contesto detentivo. Sono state identificate, dall’analisi degli studi, molteplici criticità affrontate da tale professionista.

Il primo articolo di Sana Chaer-Yemlahi [14], ha come scopo quello di affrontare il tema della complessa realtà vissuta in passato, come ancora tutt’oggi, dall’assistenza infermieristica penitenziaria in un regime restrittivo che limita lo svolgimento di un’attività indipendente, spesso non accettata e compresa all’interno delle mura detentive. L’autrice evidenzia le criticità del ruolo di questa figura professionale che nella maggior parte dei casi investe, principalmente, il tempo nello svolgere l’aspetto collaborativo del proprio impiego, limitando il personale campo lavorativo. Con queste motivazioni iniziali l’esposizione si accentra a disquisire sulle competenze specifiche degli infermieri che risultano essere vaste e molteplici, poiché si tratta di un aggregato di tutte le loro funzioni: quelle assistenziali, quelle gestionali, quelle relative all’insegnamento e alla ricerca. Le funzioni assistenziali si riferiscono alla realizzazione di attività di prevenzione, di promozione, di cura e di riabilitazione, fondamentali per una popolazione vulnerabile come quella dei carcerati molto diversa da quella generale. Le maggiori criticità legate a tale popolazione sono: fattori psicosociali, culturali, ambientali, patologie croniche. I problemi più diffusi, nell’ambito della medicina penitenziaria risultano quelli connessi Dipendenze, malattie infettive (HIV, epatiti, tubercolosi), malattia mentale e le infezioni che derivate da scarsa igiene, promiscuità o correlate a patologie; per cui il ruolo dell’infermiere, nella gestione di queste condizioni, ha una considerevole rilevanza e nell’esercizio delle sue funzioni, può   farsi carico di tali problematiche, adoperandosi ad implementare e monitorare gli interventi di educazione sanitaria volti alla prevenzione di tali patologie e il trattamento di tali problematiche. Proseguendo con le funzioni proprie del professionista sanitario, dall’articolo in osservazione, affiorano quelle gestionali, per raggiungere il massimo risultato possibile nell’amministrazione del tempo, delle risorse, delle persone e degli spazi, in un luogo dove la privazione della libertà non è solo per il detenuto ma anche per chi opera all’interno, spazi ridotti, protocolli carcerari. Le competenze infermieristiche non sono solo legate alla somministrazione di farmaci ma anche ad una programmazione assistenziale del detenuto. Tale programmazione si configura dalla presa in carico, attraverso una valutazione primaria dei bisogni, valutazione di interventi a medio-lungo termine, capacità di interfacciarsi con altri professionisti, capacità decisionali in relazione alle leggi che regolamentano il carcere. In oltre la preparazione dell’infermiere si esplica alle procedure nella gestione degli effetti collaterali legati alle dipendenze, alla gestione delle emergenze (arresto cardiaco), gestione di ferite da taglio, compromettendo la tutela della salute e della sicurezza. Nel secondo studio di Emma Smith [15] il campione preso in studio è l’équipe sanitaria in attività nelle prigioni britanniche, più nello specifico gli infermieri. Si disquisisce, in un primo momento, di ciò che fa da sfondo allo svolgimento dell’assistenza infermieristica e dunque del setting di lavoro e di una popolazione diversificata per contesti etnici e sociali, difficile da trattare sia dal punto di vista clinico che da quello etico e morale. I detenuti richiedono una quantità ed una varietà di servizi molto vasta dalle cure primarie a intervento più specifici che richiedono l’intervento di professionisti di molteplici specializzazioni, ma tra i più comuni risultano quelli di salute mentale e dentale, e quelli rivolti alla dipendenza da droghe e alcool. Essi si occupano quotidianamente di dispensare le varie terapie ai carcerati in ogni ala, con un quantitativo di 150 detenuti per ognuna di essa. L’assistenza infermieristica in carcere è impegnativa ed il professionista sanitario di trova a condurre il proprio lavoro all’interno di spazi ristretti, basti immaginare di affrontare un arresto cardiaco in una cella o di occuparsi di un prigioniero che evidentemente ha bisogno di aiuto.

Ma più volte accade che nel suo ruolo l’infermiere indossi le “vesti” di amministratore, per dirigere e coordinare delle situazioni ad alta criticità, come quelle d’emergenza o d’altro tipo, che non possono essere svolte all’interno delle mura del carcere ma necessitano di trasferimento esterno. I prigionieri che vengono scortati in ospedale, rimangono sotto la custodia del servizio penitenziario e questo, per gli operatori sanitari, può rappresentare un problema di riservatezza necessario, però, a tutelare sia il pubblico che per il personale della struttura esterna. Si tratta di un sistema in cui la sicurezza è posta al primo posto ed egli, così come tutto il resto del personale vigente all’interno dell’ambiente penitenziario, ha il dovere di garantire tale sicurezza a tutti gli operatori, ai prigionieri e di assicurare che anche gli ambienti siano protetti.

Gli infermieri, devono prendersi cura di tutti i bisogni dei propri pazienti, in un contesto sprovvisto di una base medica, occupandosi di soggetti riluttanti ai trattamenti ma che hanno un’amplia molteplicità di situazioni cliniche, tra cui malattie, traumi fisici, disabilità, difficoltà di apprendimento e problemi di salute mentale. I residenti di queste strutture sono, quindi, soggetti fragili per via dello stile di vita vissuto prima della reclusione, per la reclusione stessa o per i disturbi mentali, e che nella gran parte dei casi soffrono di ansia, di depressione o sono interessati da uno o più episodi di autolesionismo.

In queste condizioni, il professionista ha il ruolo di essere presente nei momenti ad alto stress per i carcerati per garantirne la sicurezza, come precedentemente spiegato. Ma anche per la figura infermieristica possono presentarsi dei momenti di difficoltà, poiché essa è sempre in prima linea, come riporta dice l’autrice “fa parte del team di prima risposta giornaliero”, e in alcune occasioni può essere sottoposta a conflitti d’interesse poiché costretta a monitorare le situazioni di contenzione stabilite dagli agenti di custodia, oppure può ritrovarsi vincolata a denunciare i detenuti quando essi disobbediscono alle regole dettate dall’amministrazione penitenziaria.

Tutto ciò, dunque, è parte integrante delle competenze ricoperte da questo professionista; in particolare questo articolo sottolinea quelle in fatto di mantenimento della sicurezza, come il dover presenziare davanti ad un giudice ed assistere a una sentenza, presentare prove e affrontare interrogazioni.

Il terzo studio indagato è di Aujad et all [16]; dove gli autori hanno evidenziato il ruolo degli infermieri nel contesto di detenzione con relative competenze, all’interno degli istituti penitenziari francesi. L’ambiente è denso, con una tipologia di pazienti altamente diversificata e queste caratteristiche fanno sì che gli operatori sanitari siano molto più autonomi e responsabili rispetto alla maggior parte delle strutture cliniche. L’infermiere viene definito come colui che risponde ai problemi di salute dei detenuti e concede loro di reintegrarsi all’interno del regime vigente in carcere. Dunque il professionista sanitario si prende in carico il percorso del prigioniero nella sua totalità. Spetta ad egli il ruolo di accoglienza dei reclusi e, al loro ingresso, rilascia un’intervista volta ad esaminare le condizioni fisiche e psicologiche dei nuovi giunti, fornendo tutte le informazioni sui servizi sanitari ai quali essi possono accedere, o per lo meno inviare una richiesta d’accesso. Infatti, è proprio attraverso l’invio di richieste, o più precisamente inoltrando una vera e propria lettera per posta, avente come destinatario l’infermiere, che i detenuti posso reclamare una consulenza sanitaria. Quindi tra le competenze specifiche del professionista rientra anche il compito di selezionare e smistare le domande ricevute, che verranno così reindirizzare allo specialista di riferimento (psicologo, dentista, ecc…) permettendo un accesso il più appropriato possibile ai medici. In altri casi, sta a lui occuparsi di altre richieste meno urgenti oppure qualora ritenesse necessario valutare la richiesta in prima persona, l’assistito verrà convocato in infermeria e sottoposto ad una valutazione con l’intento di provvedere a dispensare la risposta più adeguata all’esigenza espressa.

L’esecuzione delle attività assistenziali mediante i protocolli di servizio, in linea con le competenze relative alla professione infermieristica, garantiscono una conduzione maggiormente autonoma del proprio lavoro.

Dal punto di vista clinico l’infermiere elargisce interventi di prevenzione ed educazione come l’igiene o la prevenzione delle malattie trasmissibili; ciò impone una ferma conoscenza della popolazione carceraria. Avere capacità di distinguere tra una vera richiesta d’aiuto, relativa ad un reale problema di salute, o la ricerca di attenzioni come il bisogno di ascolto da parte dei reclusi. Di non poca importanza è il ruolo di questa figura nel settore dell’ascolto che, più che mai in queste circostanze, deve essere abile nella promozione di un dialogo, essere in grado di cogliere i segnali tenui e non espressi di un malessere psicologico, mascherati magari da altri tipi di manifestazioni. Come citato dagli autori di questa indagine, lo psicoanalista e psichiatra Michel de M’Uzan dichiara che “i soggetti trattenuti sarebbero costretti a uno stato di centramento su se stessi” e l’importanza del team sanitario entra in gioco nel permettere che questi pensieri vengano espresso durante interviste e i colloqui. Il ruolo dell’infermiere è, pertanto, quello di creare e mettere a disposizione questo spazio di ascolto, così che l’assistito possa riversare la propria sofferenza e le proprie preoccupazioni.

Nel quarto studio [17] viene esaminata la situazione dell’assistenza infermieristica fornita ai detenuti, il ruolo della professione d’infermiere e gli sviluppi verificatisi negli ultimi dieci anni in questo campo. Nello specifico viene analizzato il quadro relativo all’assistenza infermieristica nel Regno Unito, e dunque la popolazione che viene esplorata è quella degli infermieri britannici.

Gli autori di questo articolo, attraverso un forum degli infermieri del “Royal College of Nursing”, hanno evidenziato la scarsa attenzione posta nei riguardi del ruolo che la professione infermieristica ricopre all’interno del sistema di giustizia penale Il Sistema Sanitario Nazionale impegna gli infermieri, del sistema di detenzione, in una molteplicità di ruoli, tra cui discipline generali, di salute mentale, di disabilità e di apprendimento. Gli infermieri penitenziari sono tenuti ad acquisire numerose competenze nell’ambito della salute pubblica. Essi devono essere in possesso di preparazione, conoscenze ed esperienza per comprendere le terapie psicologiche, inoltre, devono imparare a conoscere i problemi di custodia e sicurezza.  Quando un nuovo detenuto giunge in carcere, il professionista sanitario ha il compito di riceverlo e, tale accoglienza, è mirata all’esecuzione di azioni obbligatoriamente stabilite dal sistema giudiziario penale che includono il ruolo di questa figura.

Alcune di queste azioni elencate all’interno dell’indagine, prelevate dagli autori dal Prison Service Order 0500 (PSO) (un elenco di regole, regolamenti e linee guida con cui vengono gestite le prigioni), delle quali è l’infermiere il responsabile della loro esecuzione, risultano essere:

  • Garantire che i trasgressori ricevano un trattamento dignitoso.
  • Confermare l’identità del colpevole e la base legale per la detenzione.
  • Affrontare esigenze speciali, comprese eventuali disabilità, difficoltà di apprendimento e problemi linguistici.
  • Individuare il rischio di suicidio e/o autolesionismo.
  • Condurre valutazioni del rischio per la condivisione della cella.
  • Valutare i nuovi trasgressori per stabilire le loro esigenze sanitarie.
  • Registrare le informazioni e diffonderle al personale penitenziario e ad altre agenzie.
  • Fornire informazioni ai nuovi trasgressori a proposito della loro situazione.

La valutazione iniziale delle condizioni individuali dei prigionieri, è fondamentale per fornire informazioni sulla salute di quest’ultimi e sul rischio di lesione autoindotta o procurata a terzi. Mentre, la valutazione sanitaria generale ha luogo nella settimana successiva al ricevimento per stabilire le priorità ai bisogni di salute dei nuovi detenuti. L’infermiere è il professionista che entra più frequentemente nelle sezioni e incontra i detenuti nelle loro celle: definire a priori le relazioni tra gli interlocutori aiuterebbe a evitare inutili commistioni tra funzioni di cura e di custodia, favorendo sia le opportunità di raccolta dei bisogni sia il monitoraggio di situazioni a rischio

Sono state prontamente elencate le competenze specifiche della professione infermieristica risultanti dalla ricerca condotta dagli esecutori di tale articolo e tra queste, risulta di grande rilievo, la prevenzione del rischio di autolesionismo e del suicidio per cui il personale sanitario si prendere carico del monitoraggio di questa condizione che sarà costante o intermittente a seconda del grado di tale rischio.

Tutte le informazioni apprese vengono depositate in registri, i quali sono sotto la gestione e responsabilità degli infermieri poiché, come parte del proprio ruolo, devono dedicarsi all’osservazione costante e al mantenimento della sicurezza della documentazione, ma anche degli ambienti e della supervisione clinica degli assistiti. Essi devono essere preparati a rispondere alle esigenze sanitarie specifiche di un gruppo diversificato di individui con disabilità dell’apprendimento, dipendenza da stupefacenti e alcool, malattie infettive e croniche.

L’identificazione e la gestione di tali difficoltà è un’abilità specialistica infermieristica tale che l’operatore sanitario deve conoscere i vari protocolli per la profilassi delle malattie trasmissibili e deve garantire la distribuzione equa delle vaccinazioni, ma deve anche essere informato sulle linee guida utili per dirigere la conduzione dei trattamenti di malattie a lungo termine.

Quanto discusso reclama che l’infermiere possegga le competenze sufficienti nella pratica della vaccinazione, alla segnalazione di tali infezioni o eventuali focolai; finanche garantire l’accesso, ai prigionieri, alle consulenze professionali, ai dispositivi medici e ai servizi genito-urinari, per la prevenzione delle infezioni sessualmente trasmissibili, molto comuni nell’ambiente detentivo.[27]

  

Discussione

L’obiettivo della revisione era quello di effettuare una valutazione del ruolo e delle competenze specifiche degli infermieri che operano nell’ambito della medicina penitenziaria. Dagli studi selezionati è emerso che l’infermiere penitenziario possiede un ruolo nella prevenzione delle malattie infettive, tra le quali HIV, epatite C, tubercolosi e abuso di sostanze. Nella gestione di queste condizioni, l’infermiere ha il compito di implementare e monitorizzare i vari programmi sanitari di prevenzione [14] e di gestire tutti i farmaci, gli stupefacenti e i registri [14,15,17].

Inoltre, dagli studi analizzati si evince che l’infermiere penitenziario ha un ruolo nella promozione della salute attraverso il corretto utilizzo dei servizi di cura e assistenza da parte dei detenuti e si impegna di garantire, al termine della detenzione, un reinserimento nella comunità del detenuto stesso [14].  Secondo altri studi, invece, offre accoglienza e orientamento ai reclusi al loro ingresso, identificando le eventuali esigenze e i rischi ai quali possano essere soggetti. Seleziona e reindirizza poi allo specialista di riferimento le richieste di consulenza sanitaria dei prigionieri [16,17]. Si prende, quindi, cura di tutti i bisogni dei propri pazienti, in un contesto sprovvisto di una base medica, occupandosi di tutto ciò che riguarda l’aspetto sanitario, la sorveglianza sanitaria e terapeutica dei prigionieri [14,15].

Altri studi hanno rivelato che l’infermiere coordina le situazioni ad alta criticità, facendo riferimento ai protocolli e alle attrezzature a sua disposizione. Gestisce, inoltre, l’eventuale trasferimento esterno per i trattamenti che non possono essere eseguiti all’interno del carcere [15,16] e garantisce sicurezza e supervisione, prevenendo il rischio di autolesionismo e di suicidio.  In questo ambito, l’infermiere potrebbe dover denunciare un’infrazione commessa dal detenuto o addirittura dover assistere a una sentenza [15,16]. Nel sistema penitenziario si contraddistingue la forte necessità di programmare percorsi psico-educativi e di promozione della salute; in ciò la presenza della figura infermieristica ha quindi un’importanza rilevante.

 

Conclusioni

La ricerca è stata condotta con lo scopo di effettuare una valutazione del ruolo degli infermieri. Gli studi che sono stati inclusi propongono un resoconto di tutti gli ambiti di competenza del professionista sanitario, responsabile dell’assistenza infermieristica, che opera nell’ambito della medicina penitenziaria. Questi esprimono con chiarezza la forte necessità, nell’ambiente penitenziario, di eseguire delle azioni volte all’educazione, alla promozione di abitudini e comportamenti sani, al monitoraggio e al trattamento delle situazioni cliniche della popolazione detenuta, al corretto utilizzo dei servizi di prevenzione, di assistenza, al mantenimento della sicurezza e nella somministrazione equa dei trattamenti sanitari per poter assicurare il diritto alla salute a tutti. Considerando che in Italia è solo dal 2008 che il SSN si occupa della sanità carceraria sono ancora molte le lacune in merito, da colmare con la ricerca e la formazione di personale dedicato a tali strutture, in moda tale da garantire un’assistenza ottimale. Essere infermiere in carcere oggi è una sfida, sia professionale che etica, poichè le capacità di relazione e di empatia sono messe ogni giorno a dura prova dagli eventi.

 

Limiti dello studio

Il presente studio aiuta a comprendere il ruolo e le competenze dell’infermiere che opera all’interno degli istituti di pena, ma non è esaustivo sul fenomeno indagato e necessita di una più approfondita analisi. Il lavoro, inoltre, presenta diversi limiti. È stata prese in considerazione solo la letteratura più recente degli ultimi 10 anni e sono state interrogate solo le banche Medline e Cinhal. Il presente lavoro ha incluso solo 4 studi primari, ma la presenza di un numero maggiore di studi avrebbe potuto fornire una maggiore solidità nei risultati.

 

Conflitto di interessi

Si dichiara l’assenza di conflitto di interessi.

 

Finanziamenti

Si dichiara di non aver ottenuto alcun finanziamento e che lo studio non ha alcuno sponsor economico.

 

Bibliografia

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  3. Decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2012, n. 136. Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in materia di carta dei diritti e dei doveri del detenuto e dell’internato. G.U. n. 189 del 14 agosto 2012.
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